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Il PC desktop di Huawei fa la sua prima apparizione: sotto il cofano c’è il nuovo processore Kunpeng 920 a 7 nm

mercoledì 2 settembre 2020

 Huawei ha in mente di allargare i suoi orizzonti nel campo del mercato tecnologico tuffandosi nel settore dei PC desktop. Dalla Cina sono emersi rilevanti dettagli su un nuovo prodotto che avrebbe in cantiere il produttore cinese.


Da un canale YouTube di un utente cinese è stata pubblicata una prima recensione del PC desktop di Huawei, del quale potete avere un’anteprima osservando le immagini presenti nella galleria in basso: al suo interno ci sarebbe un processore Kunpeng 920 octa-core con architettura ARM e realizzato con processo produttivo a 7 nm, supporterebbe fino a 16 GB di RAM DDR4-2666 con slot di tipo PCIe 4.0 per lo storage interno.

Ci sarebbero ancora alcuni problemi di compatibilità a livello software tra sistema operativo e architettura hardware: lo youtuber che l’ha recensito ha dovuto infatti pagare un extra per sbloccare l’accesso all’installazione delle applicazioni. Chiaramente ci aspettiamo che Huawei ottimizzi il software al momento del lancio definitivo sul mercato, a maggior ragione se tra i piani c’è anche il lancio in Europa.

Al momento non è chiaro quando e in che modo il PC desktop di Huawei verrà svelato ufficialmente. Torneremo ad aggiornarvi non appena emergeranno ulteriori dettagli.

A distanza di qualche settimana continuano a trapelare dettagli su quello che potrebbe essere il primo PC desktop di Huawei. Dalla Cina infatti sono emerse nuove immagini che ritraggono la scatola di vendita del PC, sulla quale leggiamo alcune delle principali caratteristiche tecniche:

Il processore Kunpeng 920 è confermato.
8GB di RAM DDR4-2666.
256 GB di SSD.
Scheda grafica AMD Radeon R7 430.
Sistema operativo Galaxy Kylin.
Le caratteristiche appena trapelate si riferiscono a quella che, probabilmente, è soltanto una delle diverse configurazioni previste per il PC desktop di Huawei. Rimane ancora oscuro come e quando il produttore cinese intende lanciare ufficialmente questo prodotto.

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Huawei svela i suoi nuovi laptop: MateBook X pesa solo 1 kg e ha uno schermo 3K senza bordi

venerdì 21 agosto 2020

Lo avevamo preannunciato negli scorsi giorni: oggi, 19 agosto, Huawei ha svelato i suoi nuovissimi laptop, alcuni dotati di novità davvero niente male. Scopriamoli insieme!

Huawei MateBook X 2020
Il nuovo MateBook X 2020 fa della portabilità il suo punto di forza. Si tratta di un ultrabook da 13″ dotato di schermo IPS FullView touchscreen (a 10 punti) con risoluzione 3K, 3.000 x 2.000 pixel per la precisione, a 278 PPI. Come avrete intuito il rapporto di forma è di 3:2. Pensate che le cornici sono talmente sottili che il display occupa il 90% della superficie frontale.

Sotto il cofano il nuovo MateBook X ospita processori Intel Core di 10 generazione, per la precisione i5/i7-10510U con Intel UHD integrata, fino a 16 GB di RAM DDR3 e 512 GB PCIe SSD. Il pulsante di accensione nasconde un lettore di impronte digitali, perfetto per l’utilizzo con Windows Hello. La batteria è da 42 Wh e supporta la ricarica rapida a 65W. Nella confezione è incluso proprio un caricatore compatto da 65W del peso di appena 94 g.

Insieme a questo modello fa il suo debutto anche il nuovo touchpad pressure–sensitive che, per intenderci, è simile al trackpad Force Touch di casa Apple. Sotto nasconde un nuovo motore di vibrazione che fornirà feedback diversi a seconda dell’operazione. Lato software troviamo a bordo una classica versione di Windows 10. Non manca l’NFC per abbinarlo con gli smartphone Huawei e sfruttare la modalità multi-screen.

Il peso ammonta ad appena 1 chilogrammo, lo spessore invece a 13,6 mm. Per quanto riguarda gli ingressi troviamo due porte USB-C e un jack audio da 3.5 mm (combo microfono). Ecco anche i prezzi previsti per il mercato cinese:
Intel i5 10210U/8GB/512GB/Touch Screen: 7.999 yuan (circa 1.155 dollari)
Intel i5 10210U/16GB/512GB/Touch Screen: 8.999 yuan (circa 1.300 dollari)
Intel i7 10510U/16GB/512GB/ Touch Screen: 9.999 yuan (circa 1.445 dollari)

Huawei MateBook X sarà disponibile in Cina dal 24 agosto prossimo in varie colorazioni, ancora non sappiamo se e quando arriverà in occidente.

Huawei MateBook 13 e 14 2020
Huawei ha colto l’occasione anche per rinnovare i MateBook da 13 e da 14 pollici classici. Nel 2020 aveva già svelato le varianti dotate di processori Intel di decima generazione. Quelli presentati oggi invece vantano processori di casa AMD, ovviamente di ultima generazione. MateBook 13 e 14 vantano rispettivamente processori AMD Ryzen 5 4800H e Ryzen 7 4800H a 7 nm, entrambi con GPU AMD Radeon integrata.

Il 13 monta un display IPS 2K (2.160 x 1.440 pixel) 3:2 che occupa ben l’88% della superficie frontale. Sotto il cofano troviamo una batteria da 42Wh, ma anche in questo caso ritroviamo l’alimentatore da 65W. Il peso ammonta a soli 1,3 kg mentre lo spessore a 14,9 mm. Il 14 invece vanta display da 14″ IPS 2K FullView con ben il 90% della superficie frontale occupata. La batteria è un po’ più ampia, 56Wh, con il solito alimentatore da 65W per la ricarica super-rapida. Il peso ammonta a 1,49 kg, mentre lo spessore è pari a 15,9 mm.

Sia il 13 che il 14 vantano Windows 10 Home Edition, 16 GB di RAM DDR4 a 2.666 MHz e 512 GB di SSD. Vediamo quindi i prezzi:

Huawei MateBook 13 2020
R5 4600H/16GB/512GB: 4.599 yuan (circa 665 dollari)
R7 4800H/16GB/512GB: 5.099 yuan (circa 740 dollari)
R7 4800H/16GB/512GB/Touch Screen: 5.399 yuan (circa 780 dollari)

Huawei MateBook 14 2020
R5 4600H/16GB/512GB: 4.999 yuan (circa 720 dollari)
R5 4600H/16GB/512GB: 5.299 yuan (circa 770 dollari)
R7 4800H/16GB/512GB/Touch screen: 5.699 yuan (circa 825 dollari)

I pre-ordini, sempre e solo per la Cina, aprono da oggi. Anche in questo caso non sappiamo se e quando arriveranno in occidente.

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5G in Italia: TIM non invita Huawei, quali le possibili conseguenze

lunedì 13 luglio 2020

Secondo fonti vicine all'azienda, TIM avrebbe deciso di "diversificare le sue strategie" ed escludere Huawei dalla gara per la fornitura delle apparecchiature 5G.

Come conferma l'agenzia ANSA, TIM ha scelto di non invitare Huawei a partecipare alla gara per la fornitura delle apparecchiature necessarie per il dispiegamento della rete mobile 5G. I nomi che invece "saranno della partita" sono realtà quali Cisco, Ericsson, Nokia, Mavenir e Affirmed Networks, quest'ultima recente acquisizione di Microsoft.

Huawei, com'è noto, è da tempo nell'occhio del ciclone con l'azienda che ha sempre fermamente negato qualunque tipo di legame con il governo cinese mentre, dall'altra parte, gli Stati Uniti che hanno vietato alle società d'Oltreoceano di stringere nuovi accordi con l'azienda fondata da Ren Zhengfei e il Dipartimento della Giustizia che ha aperto formalmente un'indagine: Huawei accusata del furto di proprietà intellettuale da parte del Dipartimento della Giustizia.

L'Europa ha invece scelto di muoversi con cautela optando per una dettagliata e puntuale analisi degli eventuali rischi: L'Europa mette nero su bianco i rischi legati all'implementazione delle reti 5G.

La scelta del gruppo Telecom Italia viene descritta come meramente industriale ma in molti stentano a scorgere motivazioni politiche.

Le accuse di un monitoraggio diffuso sulle comunicazioni in essere nei Paesi occidentali da parte di Huawei (su ordine delle autorità cinesi) non sono mai state provate ma anche nazioni come il Regno Unito sembrano comunque voler proseguire sulla strada della massima intransigenza. In Francia, invece, gli operatori di telecomunicazioni sarebbero stati "solamente" invitati dall'agenzia che si occupa della sicurezza nazionale a evitare la scelta di apparecchiature per il networking a marchio Huawei.

Certo è che la decisione di TIM in Italia (riproposta anche in Brasile) è destinata a pesare molto perché di fatto esclude dalla gara per il 5G un concorrente sempre particolarmente agguerrito in termini di costi delle sue apparecchiature.

È di qualche giorno fa la pubblicazione dell'analisi di Oxford Economica cha ha stimato un aumento dei costi tra il 9% e il 29% per l'implementazione della rete 5G in Italia nel caso di un'esclusione di Huawei. Risultato? L'accesso alle reti mobili di quinta generazione potrebbe costare di più (con le spese aggiuntive che si riverserebbero inevitabilmente sulla clientela finale) ed entro il 2023 saranno molti di meno gli italiani in grado di usare una connessione 5G.

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Ban Huawei, altri 90 giorni di proroga: cosa cambia per gli utenti

lunedì 25 novembre 2019

Il Governo degli Stati Uniti ha prorogato di altri 90 giorni il blocco commerciale imposto lo scorso maggio: ecco cosa cambia per gli utenti.

La vicenda Huawei-Stati Uniti non sembra trovare una fine. A sei mesi dall’inserimento del colosso cinese all’interno di una black list che vieta alle aziende statunitensi di avere rapporti commerciali con Huawei, il Governo degli Stati Uniti ha annunciato un’ulteriore proroga di 90 giorni che di fatto rende nulla l’ordinanza voluta da Donald Trump.

L’affaire Huawei rientra in un contesto geopolitico molto complicato: da una parte il Presidente degli Stati Uniti che vuole proteggere la sicurezza nazionale, dall’altro l’azienda cinese (e di conseguenza anche il Governo) che negli ultimi anni ha stretto accordi e partnership con molte società statunitensi per la vendita e l’acquisto di componenti elettronici. Huawei è diventato una presenza sempre più ingombrante negli USA, tanto da essere di fondamentale importanza per far arrivare la rete telefonica nelle zone più remote del Paese. E proprio per questo motivo il Governo degli Stati Uniti ha concesso un’ulteriore proroga di 90 giorni (fino al 19 febbraio) che permette ad alcune aziende statunitensi di utilizzare dispositivi acquistati da Huawei. Ma la proroga non riguarda aziende come Google, Microsoft e Qualcomm che non possono più vendere tecnologia al colosso cinese.

Cosa cambia per gli utenti? Ci saranno grossi cambiamenti in futuro? Quando scade la proroga non si potrà più utilizzare gli smartphone Huawei? Queste sono alcune delle domande più frequenti a cui dobbiamo rispondere. Partiamo dalla notizia più importante: chi ha uno smartphone Huawei non deve preoccuparsi: continuerà a ricevere gli aggiornamenti software, proprio come accadeva in passato. Per il resto è necessario fare chiarezza.

Ban Huawei, cosa prevede la proroga di 90 giorni
La proroga di 90 giorni è stata confermata da Wilbur Ross e scade il prossimo 18 febbraio 2020, il segretario al Commercio degli Stati Uniti (il ministro del commercio, per intenderci). I motivi della proroga sono gli stessi di quella precedente: alcuni operatori telefonici utilizzano tecnologie di Huawei per portare la Rete nelle zone più remote degli Stati Uniti. La proroga, però, non riguarda la possibilità di sottoscrivere accordi commerciali tra l’azienda cinese e quelle statunitensi, in particolar modo Google, Microsoft e Qualcomm.

Cosa cambia per chi ha uno smartphone Huawei
Qui bisogna dividere in due la spiegazione tra chi ha già uno smartphone Huawei e tra chi vuole acquistarne uno nuovo, presentato negli ultimi mesi.

Se siete in possesso di un dispositivo Huawei acquistato da un paio di mesi non vi dovete preoccupare. Avendo ricevuto la certificazione Android, non ci saranno problemi con gli aggiornamenti software. Nei prossimi mesi riceverete la EMUI 10 e Android 10.

Diverso il discorso per gli smartphone Huawei post blocco commerciale. Un esempio è il Hauwei Mate 30 e Huawei Mate 30 Pro. Si tratta di due smartphone top di gamma lanciati dall’azienda cinese lo scorso settembre, ma che ancora non sono stati lanciati sul mercato a causa della mancata certificazione Android. Senza quest’ultima gli smartphone non possono avere il Play Store pre-installato e nemmeno i servizi Google.

Cosa accadrà in futuro
Difficile fare delle previsioni da qui a tre mesi. Il ban Huawei rientra all’interno di un contesto geopolitico in continua evoluzione, con i rapporti tra Cina e USA ai minimi storici, anche a causa dei dazi commerciali imposti dalle due Nazioni. Ma non è detto che la situazione possa cambiare da un momenti all’altro. Se i rapporti cambieranno si potrebbe arrivare anche a un annullamento del ban Huawei da parte del Governo degli Stati Uniti. Vedremo come si evolverà la situazione nei prossimi mesi.

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FreeBuds 3, la prova delle cuffie bluetooth di Huawei

martedì 19 novembre 2019

Abbiamo testato per un paio di settimane i nuovi auricolari open-ear dell’azienda cinese e la loro funzione di riduzione del rumore. Sono una buona alternativa alle AirPods di Apple per tutti gli utenti Android.

La settimana scorsa Huawei ha lanciato ufficialmente in Italia le FreeBuds 3, terza generazione delle sue cuffie senza fili ispirate allo stile delle AirPods di Apple. Questa versione degli auricolari Bluetooth introduce una nuova funzione per la cancellazione del rumore (che noi preferiamo chiamare riduzione), un sistema di microfoni antivento e un meccanismo di collegamento rapido tramite Bluetooth abilitato su tutti gli ultimi smartphone del marchio cinese dotati della EMUI 10, come i P30 Pro aggiornati a settembre o il Nova 5T. Tutte le caratteristiche avanzate delle FreeBuds 3 sono rese possibili dal Kirin A1, il chip dedicato che tra le altre cose abilita un livello superiore di compatibilità con tutto l’ecosistema dei prodotti Huawei, in primis gli smartphone e i computer.

Il design
Le FreeBuds 3 assomigliano moltissimo alle AirPods di Apple, tanto che a un occhio meno esperto sono probabilmente quasi indistinguibili: la forma è simile e così anche il concetto di fondo. Ed è un bene, però, perché le nuove cuffie di Huawei colmano un vuoto e sono le prime cuffie che possano rappresentare a nostro parere una vera alternativa alle AirPods per il pubblico Android, soprattutto per chi le vuole utilizzare come auricolari telefonici. Sono inoltre disponibili anche in nero, un’opzione cromatica non disponibile per le cuffiette dell’azienda di Cupertino.

La forma delle FreeBuds 3 e il loro peso ridotto (4,5g l’una) le rendono quasi impercettibili una volta indossate. L’unico elemento estetico che non ci ha convinto fino in fondo è la lunghezza dello stelo, che protrude dall’orecchio in maniera abbastanza vistosa (più di quanto non facciano le AirPods di Apple). Un compromesso estetico che si accetta volentieri, però, visto che la dimensione delle cuffie è funzionale alla presenza di un sistema per la riduzione del rumore del vento sui microfoni che migliora nettamente la qualità delle chiamate.

Riduzione del rumore e funzionamento
Se altri marchi come Sony o Jabra offrono già tutti ottime alternative alle AirPods, si tratta quasi sempre di cuffiette con design in-ear o comunque closed ear (cioè con gommini che chiudono il canale uditivo per limitare il rumore in ingresso). Le FreeBuds 3, invece, mantengono il design open ear o open-fit: ne guadagnano in comodità e sono molto più facili da pulire. 

Nonostante questo design, Huawei è riuscita a implementare sulle nuove cuffie un sistema di “cancellazione del rumore”. Le virgolette sono necessarie perché la definizione è utilizzata un po’ a sproposito: quando si indossano le FreeBuds 3 e si attiva il sistema di ANC (Active Noise Canceling) i rumori esterni non vengono affatto schermati a meno che non si avvii la riproduzione della musica. In altre parole le nuove cuffie di Huawei non si possono utilizzare come auricolari silenziosi per schermare il chiacchiericcio dei colleghi o il rombo dei motori di un aereo. 

Sarebbe dunque più corretta la definizione “riduzione del rumore”: con la musica accesa o durante una chiamata, infatti, le FreeBuds 3 riescono a limitare efficacemente i disturbi esterni e a migliorare la qualità acustica sia della riproduzione musicale sia della voce dell’interlocutore. Dato il tipo di design “aperto” dell’auricolare, è comunque un risultato impressionante, ma ben lontano da quello che riescono a fare gli auricolari closed ear, o le cuffie con design sovraurale e circumaurale. 

La riduzione del rumore si può attivare con un doppio tocco sulla cuffia sinistra una volta indossata, oppure si può regolare dall’applicazione Huawei AI Life per Android. L’app si scarica gratuitamente da Play Store o da Huawei App Gallery e permette anche di impostare i comandi touch sulle cuffie e di verificarne lo stato di carica. 

Buona la velocità di connessione tramite Bluetooth e soprattutto la velocità di riconnessione ma solo su dispositivi Android. Con gli smartphone Huawei P30 Pro e Xiaomi Note 10 non abbiamo avuto alcun problema nell’uso quotidiano, mentre su iPhone 11 Pro Max le FreeBuds 3 a volte faticano a ricollegarsi, oppure si collega un solo auricolare e l’altro rimane spento (per risolvere il problema bisogna riavviare il Bluetooth dalle impostazioni). Sono dunque ottime per gli utenti Android, mentre su iPhone riteniamo che l’esperienza d’uso delle AirPods rimanga ancora imbattuta. 

Qualità audio
La qualità audio delle FreeBuds 3 è più che soddisfacente, soprattutto in relazione al prezzo (179€). La gamma dinamica è ampia, e va da bassi abbastanza pieni a toni alti che si distinguono con chiarezza ma senza alcuna distorsione. C’è un problema, però: quando si riproduce la musica al massimo del volume le cuffie di Huawei disperdono il suono all’esterno in maniera eccessiva, abbastanza da infastidire chi siede nella stessa stanza. Lo abbiamo scoperto nostro malgrado in ufficio, grazie alle rimostranze della dirimpettaia di scrivania. Scordatevi dunque di ascoltare Ace of Spades dei Mötorhead al massimo volume in aereo o in treno senza che qualcuno venga a lamentarsi con voi per il frastuono che proviene dalle vostre orecchie.

Buona. Gli auricolari si ricaricano inserendoli nella custodia, che si può ricaricare a sua volta tramite cavo USB-C oppure appoggiandola su un tappetino wireless. Chi ha un Huawei P30 Pro può utilizzare anche la ricarica inversa appoggiando la custodia sulla scocca posteriore dello smartphone. 

Conclusioni
Le Huawei FreeBuds 3 sono una buona alternativa all’offerta di pari fascia dei principali marchi di cuffie attivi sul mercato. Offrono funzioni avanzate di riduzione del rumore (ma non di cancellazione, come suggeriscono i claim di Huawei) durante le chiamate e mentre si riproduce la musica. Nel complesso sono un prodotto ben progettato e convincente, che si propone come valida alternativa alle AirPods per il pubblico Android. Peccato solo per alcuni aspetti che si sarebbero potuti migliorare, come la dispersione dell’audio all’esterno. Il giudizio complessivo è positivo. Soprattutto perché a 179€, il prezzo consigliato, è difficile trovare cuffie di questo tipo che offrano le stesse funzioni e una qualità audio comparabile. 

Non ci sentiamo di consigliare le FreeBuds 3 a chi possiede un iPhone ma crediamo che le ultime cuffie senza fili di Huawei siano un regalo di Natale adatto a chiunque usi uno smartphone Android, in particolare uno dei modelli più recenti del produttore di Shenzhen. 

Le FreeBuds 3 si trovano nei negozi di elettronica, su Amazon oppure sullo Store online di Huawei. Fino al 2 dicembre con l’acquisto delle cuffie Huawei offrirà in omaggio anche il tappetino di ricarica Huawei Wireless Charger. 

Huawei FreeBuds 3: i pro
Qualità audio molto buona

Comode da portare, sono leggere e si adattano all’orecchio molto bene

Ottimo rapporto qualità prezzo

Buona durata della batteria rispetto alla concorrenza

Perfette per chi parla molto al telefono

Huawei FreeBuds 3: i contro
Non cancellano il rumore ma al massimo lo riducono, solo quando si ascolta musica o si parla al telefono

Il collegamento Bluetooth non è sempre stabile e immediato su iPhone

Quando si produce la musica la dispersione dell’audio all’esterno può infastidire chi ci sta vicino

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La prima conferenza italiana degli sviluppatori Huawei a Milano il 26 novembre

giovedì 14 novembre 2019

L'appuntamento mira a rafforzare l'ecosistema dei servizi per dispositivi mobili della compagnia cinese, alle prese con la difficoltà di portare l'ecosistema Google sui suoi nuovi smartphone.

Arriva il primo Developer Day italiano di Huawei, una conferenza per gli sviluppatori in programma il 26 novembre a Milano. L'appuntamento mira a rafforzare anche in Italia l'ecosistema dei servizi per dispositivi mobili della compagnia cinese, alle prese con la difficoltà di portare l'ecosistema Google, comprese app popolari come Gmail e Mappe, sui suoi nuovi smartphone per via dell'iscrizione nella "lista nera" del commercio Usa voluta dall'Amministrazione Trump.

Huawei proprio nei giorni scorsi ha ribadito l'impegno a investire un miliardo di dollari nel suo Programma di incentivi agli sviluppatori. "Un momento di profondo cambiamento pone di fronte a noi infinite possibilità. Un futuro tutto da scrivere e un ecosistema di servizi e prodotti da creare assieme ai nostri partner", si legge sul sito di Huawei dedicato alla giornata. "Il nostro mantra, 'Make it Possible', ci ha insegnato a trasformare l'impossibile in azioni concrete. Ora, con Huawei Mobile Services, vogliamo ancora una volta riscrivere le regole, cambiare lo status quo e creare valore per il mercato".

Parlando al Web Summit di Lisbona, Huawei la settimana scorsa ha spiegato che Huawei Mobile Services - l'ecosistema alternativo alle app e servizi del Google Mobile Services - conta oltre un milione di sviluppatori. Il suo negozio di app per smartphone, chiamato AppGallery, ha raggiunto i 390 milioni di utenti attivi su base mensile, registrando 180 miliardi di download all'anno.

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Huawei dice addio a Windows: i computer monteranno Linux

giovedì 26 settembre 2019

Huawei ha lanciato in Cina tre computer con a bordo il sistema operativo Deepin Linux, una distro realizzata da una società cinese. Pronto l'addio a Windows?

Oltre a dover dire addio al sistema operativo Android per i suoi smartphone, Huawei potrebbe essere costretta ad abbandonare Microsoft Windows per i suoi laptop. Sempre per effetto delle tensioni commerciali tra Cina e USA e per il famoso ban di Donald Trump. Ma l’azienda cinese sta già sperimentando una valida alternativa.

Alternativa già pronta, in questo caso, e che si chiama Linux. Per la precisione Deepin Linux, distribuzione cinese del sistema operativo open source basata su Debian. Deeping Linux è già preinstallato su tre laptop che Huawei ha iniziato a vendere sul mercato cinese, tramite il suo store online. I tre laptop Huawei senza Windows 10 sono il Matebook 13, il Matebook 14 e il Mateboox X Pro. Sul mercato internazionale, invece, gli stessi laptop di Huawei sono ancora venduti con Windows 10 preinstallato e questo, secondo molti, vorrebbe dire che l’azienda non ha ancora deciso di abbandonare del tutto il sistema operativo Microsoft.

Costano anche di meno
Il Matebook 13, il Matebook 14 e il Matebook X Pro venduti sullo store cinese VMALL sono del tutto identici a quelli presenti sul mercato internazionale. L’unica differenza è il sistema operativo, sostituito con Deepin Linux. L’abbandono di Windows ha permesso a Huawei di ritoccare verso il basso il prezzo: i Matebook 13 e 14 costano 300 yuan in meno (circa 38 euro) mentre il Matebook X Pro costa 600 yuan in meno (circa 76 dollari). Questa differenza di prezzo deriva dal fatto che Deeping Linux, a differenza di Windows, è gratuito (si paga solo l’assistenza tecnica).

Una scelta di prudenza
Mentre per gli smartphone Huawei sta ancora cercando di capire se e quando sarà costretta ad usare il suo sistema operativo proprietario HarmonyOS, definito dalla stessa azienda “non ancora pronto” per equipaggiare un cellulare moderno, per i laptop è stata fatta una scelta molto più conservativa: affidarsi ad un sistema operativo già esistente e ben rodato, pronto subito e perfettamente compatibile con l’hardware su cui gira anche Windows. Questo permetterà a Huawei, in caso di rasserenamento dei rapporti commerciali tra USA e Cina, di tornare indietro al precedente OS di Microsoft in maniera quasi indolore.

Indirettamente tutto ciò potrebbe anche fare molto bene al mondo Linux: finché Huawei userà Deepin Linux sui suoi computer dovrà sviluppare e aggiornare costantemente i driver per le varie componenti hardware e fare in modo che più periferiche possibili siano compatibili con questa versione del sistema ideato da Linus Torvalds.

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Il sistema operativo di Huawei si chiama HarmonyOS: funzionerà su una vasta gamma di prodotti, smartphone compresi

lunedì 12 agosto 2019

Presentato in terra cinese (in estremo oriente si chiamerà HongMeng), HarmonyOS mira a creare un ecosistema di prodotti, app e servizi capaci di dialogare fra loro, liberamente personalizzabili, compatibili con Android.

Alla fine Huawei ha annunciato il suo sistema operativo per dispositivi mobili e smart home. Si chiamerà HarmonyOS (in Cina e comunque nell'estremo oriente sarà conosciuto come HongMeng), sarà opensource e risulterà compatibile con Android: le applicazioni progettate per il sistema operativo di Google potranno essere portate in breve tempo sulla piattaforma appena svelata.

Le dichiarazioni rilasciate dai vertici di Huawei nelle scorse settimane suonano un po’ oggi come "depistaggi". Dal colosso cinese, infatti, si era fatto presente che il nuovo sistema operativo sarebbe stato utilizzato solo sui dispositivi industriali e che non v'era l'intenzione di proporre un'alternativa ad Android.

HarmonyOS potrebbe debuttare inizialmente negli smart screen che Huawei presenterà entro la fine dell'anno per poi essere portato anche nei dispositivi indossabili e negli smartphone.
Huawei non ha chiarito esplicitamente che cosa si intenda con il termine smart screen ma stando a fonti vicine alla società, la controllata Honor potrebbe lanciare sul mercato una sua smart TV.

Richard Yu, CEO della divisione consumer di Huawei, ha dichiarato che HarmonyOS sarà "qualcosa di completamente diverso da Android e iOS" in primis per la sua capacità di scalare su diversi tipi di dispositivi.
"È possibile sviluppare le applicazioni una volta sola, per poi distribuirle in modo flessibile su una vasta gamma di dispositivi diversi".

Al momento la Casa Bianca sta tardando ad assumere decisioni sulle "autorizzazioni speciali" che Huawei avrebbe dovuto ricevere per continuare a collaborare con le aziende USA. In seguito alla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, con un accordo che non sembra ancora vicino, HarmonyOS potrebbe tornare davvero utile per Huawei in modo tale da ridurre la dipendenza dalle imprese americane, Google in primis.

Certo è che con HarmonyOS Huawei mira a creare un suo ecosistema di prodotti e servizi totalmente autonomo e indipendente.
Allo stesso tempo, però, Huawei si assumerà dei rischi importanti: le app Android, almeno stando a quanto riferito, non funzioneranno su HarmonyOS così come sono ma dovranno essere ricompilate. Il lavoro richiesto agli sviluppatori sarà ridottissimo ma si tratta comunque di un passaggio in più da gestire: e si sa quanto sia importante partire con uno store di applicazioni esteso e affidabile.
Huawei fornirà un ambiente di sviluppo integrato (IDE), simile ad Android Studio e a Xcode: esso permetterà di provare le app e simularne l'esecuzione su tutti i dispositivi supportati. Anzi, si sa già adesso che la seconda versione di HarmonyOS supporterà direttamente linguaggi come Kotlin, C, C++, Java, Javascript e altri ancora.

A detta dei tecnici di Huawei, uno dei vantaggi di HarmonyOS è quello di essere un sistema operativo estremamente leggero: sarebbe 5 volte più veloce rispetto alle soluzioni attuali e ridurrebbe la latenza di oltre il 25%.
Sulla carta, inoltre, HarmonyOS nasce per essere installato sia sui notebook più avanzati dotati di decine di gigabyte di RAM sia sui dispositivi per l'Internet delle Cose, riuscendo quindi a funzionare e a gestire compiti ben precisi con pochi chilobyte di memoria.

Ultima ma non meno importante, la possibilità di usare con HarmonyOS i cosiddetti virtual bus: il sistema operativo permetterà di condividere qualunque dispositivo così come se fosse una periferica virtuale direttamente accessibile all'interno dell'ecosistema. Così, sistema operativo, app e servizi potranno colloquiare reciprocamente e accedere alle rispettive risorse: si pensi ai sensori dei dispositivi industriali o a quelli per la smart home che possono essere interrogati direttamente senza passaggi intermedi, alla possibilità di accedere alla fotocamera dello smartphone da altri dispositivi, alle risorse di uno smartwatch o di un veicolo.

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Mate 20 X 5G, arriva in Italia il primo smartphone Huawei pronto per il 5G

giovedì 18 luglio 2019

Per Huawei la data di oggi è ufficialmente l’inizio della rinascita. Dopo la lotta con l’amministrazione Trump, che avrebbe impedito all’azienda cinese di utilizzare Android e i servizi Google (e i chip Intel e Qualcomm, e perfino Facebook, Whatsapp, Instagram), arriva finalmente il Mate 20 X 5G. Che è uno smartphone Android, ma è anche il primo Huawei compatibile con il 5G in vendita in Italia e nel mondo. 

“Non è cambiato nulla, non solo per questo modello ma per tutta l’attuale lineup: i nostri smartphone, si potranno aggiornare, riceveranno le patch e tutte le novità di Google”, dice Pier Giorgio Furcas, Deputy General Manager Consumer Business Group Huawei Italia. “Huawei adotta Android e continuerà a farlo, anche in queste settimane abbiamo lavorato con Mountain View come sempre, ci hanno dato tutte le indicazioni necessarie per aggiornare i nostri apparecchi dal punto di vista delle funzionalità e della sicurezza”. Certo, le dichiarazioni di Trump al G20 hanno stemperato la tensione e reso il futuro di Huawei più sereno, ma in realtà l’impatto del bando statunitense in italia è stato minimo: “Gli utenti non ci hanno abbandonato - prosegue Furcas - per le vendite, che non mostrano segni di cedimenti, come pure per il supporto che ci hanno mostrato fuori e dentro internet”. 

Il Mate 20 X 5G è la versione evoluta del Mate 20 Pro, con uno schermo enorme, da 7.2 pollici, con un piccolissimo notch a goccia. “Ci è sembrata la scelta più giusta per mostrare immediatamente il vantaggio più evidente del 5G, ossia una velocità di trasmissione dati molto elevata, che consente di scaricare video e giochi in pochi secondi”, spiega Furcas. 

Nell'ultimo decennio, Huawei ha investito in maniera significativa nello sviluppo del 5G, registrando un numero considerevole di brevetti per i suoi chipset, dispositivi e servizi di cloud. L’azienda di Shenzhen ha aperto oltre dieci centri di Ricerca e Sviluppo dedicati al 5G in tutto il mondo, con un team di esperti composto da oltre 2.000 ingegneri. “Huawei è da sempre in prima linea per offrire soluzioni tecnologiche avanzate, ai consumatori così come ai partner commerciali. Lo dimostrano gli oltre 2 miliardi di dollari investiti in Ricerca & Sviluppo per il 5G dal 2009 ad oggi. Il lancio del Mate 20 X 5G in Italia rappresenta un’ulteriore prova del primato di Huawei, che si conferma l’unica azienda capace di offrire una soluzione 5G end-to-end su larga scala. Huawei è impegnata da diverso tempo a sviluppare un ecosistema 5G, dalle reti ai device”.

In realtà è proprio quello il problema: solo Huawei e ZTE producono le apparecchiature per le reti 5G, i servizi e il software a supporto delle infrastrutture, e i terminali. E questo pone le due aziende cinesi in una posizione speciale e privilegiata rispetto alle altre. Ma Huawei, oltre a essere il primo fornitore al mondo di apparecchiature per il 5G, è anche il secondo più importante produttore di smartphone a livello globale (puntava a superare Samsung e diventare primo nel 2019, ma il traguardo è solo rinviato, secondo il ceo Richard Yu. 

E così il Mate 20 X 5G adotta il processore Kirin 980, già visto sui due top di gamma Mate 20 e P30 Pro, e il chipset multimodale Balong 5000, compatibile con diverse tecnologie di rete, dal 2G al 5G. La commutazione avviene a bassa latenza e a basso consumo energetico, migliorando notevolmente l'esperienza d’uso per gli utenti in qualsiasi modalità d’utilizzo. Il supporto di entrambe le modalità di rete 5G – stand alone e non-standalone - permette di usarlo in tutto il mondo.

Il comparto fotografico è composto da tre obiettivi Leica montati con fotocamera grandangolare da 40MP, fotocamera ultra grandangolare da 20MP e un teleobiettivo da 8MP, tutti assistiti dall’intelligenza artificiale di Huawei.

A una connettività più veloce è naturalmente associata una maggiore richiesta di dati. La tecnologia 5G permette la trasmissione di contenuti audio e video con qualità e definizione migliori, il gaming in mobilità usando streaming e cloud e l'uso di nuove applicazioni social e di produttività. Serve dunque anche più potenza di calcolo, e per questo la batteria del Mate 20 X 5G è da 4.200 mAh con ricarica superveloce. Ma uno smartphone più potente produce anche più calore, così c’è un sistema di raffreddamento avanzato composto da una camera di vapore e tubi di calore in grafene.

Il Mate 20 X 5G sarà in vendita a fine luglio, ma è già disponibile in preordine su Amazon.it, sugli store online di MediaWorld, Unieuro e presso Huawei Experience Store, a 1099 euro, e dai due operatori che al momento offrono servizi 5G, cioè Tim e Vodafone. “Arriveranno anche modelli più economici - anticipa Furcas - ma non di fascia bassa: per sfruttare al meglio le caratteristiche del 5G sono indispensabili processori potenti, schermi grandi, batterie ben dimensionate”. E forse, più che sui tablet, vedremo la connessione 5G sui computer, come il MateBook. “ma attenzione, la rivoluzione del 5G non sarà limitata agli smartphone: cambieranno radicalmente il nostro modo di concepire internet of things, sensori, smart cities e molto altro”, osserva Furcas. 

Intanto, con il Mate 20 X 5G, Huawei annuncia anche la disponibilità per il mercato italiano del CPE 5G Pro, un piccolo hub capace di ricevere il segnale 5G tramite Balong 5000 e trasmetterlo nelle vicinanze con un segnale Wi-Fi 6, ovvero l'ultimissimo standard 802.11ax con velocità di trasmissione fino a 4,8Gbps. Huawei CPE 5G Pro è il primo CPE 5G a supportare i protocolli Huawei HiLink e aprirà le porte alla smart home 5G. Il dispositivo supporta sia le reti 4G che 5G e, se connesso in 5G, consente di scaricare un video di un 1GB in HD in 3 secondi e di trasmettere un video in 8K senza interruzioni. Oltre alle abitazioni, Huawei CPE 5G Pro può essere utilizzato anche da piccole e medie imprese per l'accesso superveloce alla banda larga.

Così delle due grandi tendenze della telefonia mobile di quest’anno, Huawei è riuscita a non rimanere indietro sul 5G. E le questioni di geopolitica non hanno rallentato nemmeno lo sviluppo dello smartphone pieghevole: il Mate X arriverà come promesso all’inizio di settembre, anzi forse con qualche giorno di anticipo”, annuncia Furcas. “Ci vuole tempo, si tratta di una tecnologia nuova, servono 100 meccanismi solo per garantire un’apertura e una chiusura perfette: vogliamo condurre test molto approfonditi, per evitare i problemi in cui sono incorsi altri produttori”. 

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Huawei, il nuovo sistema operativo potrebbe arrivare il 9 agosto

martedì 16 luglio 2019

Le parole rassicuranti di Donald Trump non sembrano aver fermato i progetti di Huawei di sviluppare un sistema operativo proprietario. Anzi. Secondo le ultime indiscrezioni, l’azienda cinese potrebbe addirittura presentare HongMeng OS (questo il nome del sistema operativo) il 9 agosto durante la Huawei Developer Conference 2019, la conferenza organizzata ogni anno dedicata agli sviluppatori.

Huawei non vuole farsi trovare impreparata. L’annuncio del blocco commerciale da parte del Presidente degli Stati Uniti (e poi bloccato per tre mesi) ha evidenziato come l’azienda cinese dipenda troppo dai fornitori statunitensi. E per questo motivo insieme ad altre aziende cinese sta lavorando per diventare sempre più indipendente. Il primo passo è proprio la presentazione di un sistema operativo per smartphone indipendente rispetto ad Android. Huawei sta lavorando a questo progetto da diversi anni e il ban voluto da Trump non ha fatto altro che accelerare lo sviluppo. Per questo motivo, non è così assurdo vedere la prima versione di HongMeng OS (che in Europa dovrebbe arrivare con il nome di Ark OS) il 9 agosto durante la conferenza dedicata agli sviluppatori.

Ark OS, un sistema operativo super-veloce
Nella locandina di presentazione della Huawei Developer Conference 2019 non si fa riferimento al nuovo sistema operativo. E non potrebbe essere altrimenti. Huawei vuole sorprendere tutti con un colpo a sorpresa. L’evento dovrebbe essere diviso in tre parti: il keynote di presentazione, una sessione a porte chiuse con gli sviluppatori e poi dei forum tematici in cui Huawei gli sviluppatori possono confrontarsi tra di loro. Il tema principale dovrebbe essere il 5G e l’Internet delle Cose, e su questi temi potrebbe rientrare anche il sistema operativo HongMeng OS. Infatti, nelle intenzioni di Huawei, il nuovo OS non dovrebbe essere specifico solo per smartphone, ma riguardare tutti i dispositivi Huawei. L’obiettivo è creare un ambiente simile a quello Apple, dove i dispositivi possono parlare tra di loro.

In attesa della presentazione ufficiale, il CEO di Huawei Ren Zhengfei ha fatto trapelare alcune informazioni sulle performance di HongMeng OS. Rispetto ad Android dovrebbe essere molto più veloce, con l’apertura delle applicazioni che sarà immediata, anche quelle più pesanti. Velocità e affidabilità sono le due parole chiave che stanno guidando lo sviluppo del nuovo sistema operativo.

Il debutto potrebbe arrivare sul Mate 30
HongMeng OS / Ark OS potrebbe fare il suo debutto già sul Mate 30 e Mate 30 Pro, i due nuovi smartphone top di gamma di Huawei attesi tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. L’indiscrezione arriva direttamente dalla Cina, ma è da prendere con le pinze. Donald Trump sembra sempre più convinto ad allentare le maglie del ban Huawei e per l’azienda cinese potrebbe essere conveniente utilizzare ancora l’usato sicuro (Android) sul suo prossimo top di gamma. Ancora pochi mesi e ne sapremo di più.

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Huawei, Android potrebbe perdere 800 milioni di utenti

lunedì 1 luglio 2019

Se Huawei decidesse di lanciare il suo sistema operativo mobile Google potrebbe perdere circa 800 milioni di utenti

Il ban Huawei voluto dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump che non permette all’azienda cinese di acquistare tecnologia statunitense potrebbe costare caro a Google. Il colosso di Mountain View, infatti, è una delle società più colpite dal blocco commerciale voluto da Trump: tutti gli smartphone Huawei montano il sistema operativo Android e se il ban proseguirà anche nei prossimi mesi, l’azienda cinese sarà costretta a lanciare sul mercato il proprio sistema operativo mobile su cui sta lavorando da oramai diversi anni.

Il lancio di ArkOS (questo il nome scelto da Huawei per il proprio sistema operativo mobile) potrebbe far perdere a Google circa 800 milioni di utenti (più o meno il numero di smartphone Huawei presenti sul mercato). Nonostante le rassicurazioni delle ultime settimane, con Google che è scesa in campo in prima persona assicurando il massimo supporto ai dispositivi dell’azienda cinese, Huawei è pronta a lanciare ArkOS. E non solo sui nuovi smartphone.

Le conferme arrivano direttamente dalla Cina, dove il CEO di Huawei ha avvertito Google sul pericolo che sta vivendo. Per l’azienda di Mountain View perdere circa 800 milioni di utenti Android in pochi mesi sarebbe un vero disastro: le entrate generate dal Google Play Store diminuirebbe enormemente.

Huawei – Android: il pericolo per Google
Il CEO di Huawei ha tenuto a precisare che l’azienda cinese non ha nessuna intenzione di abbandonare Android. Anzi. È pronta a investire per migliorare la EMUI e per rendere sempre più sicuri i propri dispositivi. Il blocco commerciale voluto dal Presidente Trump, però, potrebbe cambiare tutto e costringere l’azienda a lanciare sul mercato il proprio sistema operativo mobile (ArkOS).

Facendo una rapida stima degli smartphone Hauwei presenti sul mercato, per Google vorrebbe dire perdere nel giro di qualche mese circa 800 milioni di utenti. Che potrebbe aumentare nel caso in cui altre aziende cinesi decidessero di adottare ArkOS. Stiamo parlando di una possibilità reale: secondo alcune indiscrezioni uscite nelle scorse settimane, Huawei avrebbe testato il nuovo OS su oltre un milione di smartphone, tra cui quelli realizzati da Oppo, Xiaomi e Vivo, tre dei più importanti produttori cinesi. Se le quattro aziende decidessero di unire gli sforzi e di abbandonare Android per abbracciare il nuovo ArkOS, per Google sarebbe un duro colpo da digerire.

Anche per questo motivo si vocifera che le grandi aziende statunitensi starebbero pensando di far partire un’azione di lobbying ed eliminare il ban Huawei. Società come Google, Qualcomm e Intel vedrebbero le proprie entrate diminuire drasticamente, essendo Huawei uno dei loro principali partner commerciali.

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Huawei, il sistema operativo arriverà a ottobre: le ultime novità

lunedì 17 giugno 2019

Dopo il blocco commerciale voluto da Trump, Huawei continua per la sua strada e registra il marchio del suo nuovo sistema operativo mobile proprietario in nuovi Paesi: dalla Thailandia al Perù, i marchi HongMeng e Ark sono ormai brevettati in mezzo mondo. Il nuovo Huawei OS, come molti lo chiamano già, dovrebbe arrivare a ottobre.

Al momento Huawei sta godendo di una sospensione dall’inserimento nella black list delle aziende che non possono stringere accordi commerciali con le società americane, senza l’ok e la sorveglianza delle autorità federali. Ma, se non ci saranno novità nella guerra commerciale tra USA e Cina, questa sospensione non durerà oltre agosto. Huawei, quindi, a partire dall’autunno dovrà essere pronta a offrire su tutti i mercati in cui vende i suoi smartphone una valida alternativa ad Android. Ma, allo stesso tempo, dovrà riuscire anche a convincere gli sviluppatori a portare le proprie app anche sul nuovo OS e per questo motivo sta cercando di stringere degli accordi nel più breve tempo possibile.

Come sarà l’OS di Huawei
Diversi rumor parlano di molti test già eseguiti da Huawei e non solo: altri produttori cinesi starebbero sperimentando sui propri dispositivi HongMeng/Ark. I risultati sarebbero ottimi: sistema stabile e fluido, anche più veloce di Android. Ma il nodo vero sono le app: nessuno comprerà mai un device con un OS per il quale ci sono poche applicazioni disponibili.

La compatibilità con Android
Dalla Cina arrivano notizie secondo le quali il sistema operativo di Huawei sarà compatibile con le app Android. Ma probabilmente tramite una qualche forma di emulazione, quindi le prestazioni non saranno mai come quelle possibili su un dispositivo 100% Android nativo. Per questo Huawei ha già iniziato a contattare gli sviluppatori, offrendogli supporto tecnico gratuito per portare le loro app anche su Ark/HongMeng e su AppGallery store ufficiale di Huawei.

La lotta per il primo posto
Non è affatto un mistero, anzi è stato ammesso dagli stessi dirigenti di Huawei, che l’azienda cinese ormai punti a diventare il primo produttore al mondo di smartphone. In testa della classifica c’è oggi Samsung, primo produttore già da diversi anni, ma Huawei ha guadagnato la seconda posizione a fine 2018 scavalcando Apple, che ora è terza. Sebbene Huawei possa contare sul mercato cinese, che è enorme ed è ancora in forte crescita, se vuole raggiungere la vetta della classifica non può rinunciare ad avere una quota di mercato molto forte anche nel resto del mondo. Senza Android come sistema operativo, però, l’impresa si fa molto più difficile. Gli analisti prevedono che, in ogni caso, Huawei riesca a vendere nel 2019 non meno di 200 milioni di smartphone. Basterà a scavalcare Samsung?

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